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MISURE ANTI-COVID: IL SETTORE SPORTIVO STA PAGANDO UN PREZZO TROPPO ALTO


Con l'ultimo D.P.C.M. (il terzo in due settimane), il Governo ha deciso di chiudere palestre e piscine fino al 24 novembre. Lo stesso provvedimento limita fortemente lo svolgimento di tutte le attività sportive del settore dilettantistico: si pensi alla sospensione di tutti gli eventi e competizioni sportive, individuali e di squadra, svolti in ogni luogo (fatti salvi quelli di carattere nazionale), alla sospensione degli sport di contatto, dell'attività sportiva dilettantistica di base, delle scuole e dell'attività formativa di avviamento relative agli sport di contatto, nonchè di tutte le gare, le competizioni e le attività connesse agli sport di contatto, anche se aventi carattere ludico-amatoriale.


Certamente il settore sportivo è uno dei più colpiti dalle misure previste dal Governo per il contrasto alla diffusione della pandemia. Solo una settimana fa il Premier Conte aveva dato a palestre e piscine una settimana di tempo per adeguarsi ai protocolli in vigore, pena la sospensione delle attività. In realtà, questa "minaccia" è apparsa da subito fuori luogo in quanto la stragrande maggioranza degli impianti è risultata in regola con la normativa vigente, come dimostrato dai numerosi controlli dei NAS che non hanno ravvisato pressochè alcuna irregolarità. Inoltre, generalizzare è sempre sbagliato: per colpa di quei pochi che, a detta del Governo, non hanno applicato i protocolli di sicurezza, non può pagare un intero settore.


Ma se tutti i centri sportivi sono risultati in regola, perchè chiudere? Allora l'ultimatum del Presidente del Consiglio che valore ha avuto? La risposta è semplice: nessuno. Al Governo, evidentemente, non è importato nulla del grado di rispetto e adeguamento ai protocolli da parte di palestre e piscine. Doveva chiudere per diminuire il numero degli spostamenti e dei contatti interpersonali e ha chiuso le attività che reputa non essenziali o comunque meno importanti di altre. Ma la cosa che ancora di più fa rabbia è che solo pochi giorni fa il Dipartimento per lo Sport ha emanato un nuovo protocollo per i centri sportivi, ancora più stringente di quello precedente. Si è dunque immaginato che l'attività potesse proseguire, seppur con regole più serrate. Invece no, domenica sera l'attività è stata sospesa.


Tutti sono consapevoli che la situazione epidemiologica si è aggravata e che occorre fare dei sacrifici ora per evitare il peggio domani, ma la sensazione è che il settore sportivo sia stato colpito dalle misure anti-covid più di quanto sarebbe stato equo e giusto.


Lo sport non è solo divertimento e passione, centinaia di migliaia di persone (atleti, istruttori, tecnici) vivono di sport, lavorano nello sport, spesso senza alcuna tutela. Oggi più che mai appare urgente la necessità di una riforma organica del lavoro sportivo e dell'impresa sportiva. Il Testo Unico di riforma dello sport sembra essersi impantanato nei sotterranei di Palazzo Chigi, affossato dalle lotte di potere interne al mondo politico-sportivo e dalle divergenze presenti nella stessa maggioranza di governo. Il Ministro Spadafora sembra impotente dinanzi a tutto ciò. Ma il mondo dello sport esige delle risposte. Prima che sia troppo tardi.

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